Come si riconosce un buon Sushi?

Come si riconosce un buon Sushi?

Quante volte avete ricevuto questa domanda, e quante volte avete risposto con l’espressione tranquilla – ma solo in apparenza – di chi si mette totalmente nelle mani di chi ha proposto l’invito.

IL TERMINE SUSHI ERA USATO PER INDICARE UN PARTICOLARE METODO DI CONSERVAZIONE DEL PESCE

Piano piano entra in gioco la curiosità e la voglia di saperne di più riguardo a un tipo di cucina che, come quella giapponese, sebbene affascini per l’estetica dei piatti, deve altrettanto essere soddisfacente sul piano della qualità. Sicuramente non è facile valutare l’eccellenza di un ristorante giapponese e, ancora di più, non lo è riconoscere un sushi preparato a regola d’arte. Basti pensare che, anche riguardo alle origini la confusione regna sovrana: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, il sushi affonda le proprie radici non nella cultura giapponese, bensì in quella della Cina e della Corea. Il termine sushi era utilizzato per indicare un particolare metodo di conservazione del pesce che era fatto fermentare nel riso in modo da provocare un aumento di acidità nell’ambiente e consentirne un migliore stoccaggio. Notevolmente diverso dal sushi che conosciamo oggi, il pesce – in assenza di frigoriferi – era marinato in salsa di soia e sale e, il wasabi – ossia la salsa dal colore verde che si trova spesso accompagnata allo zenzero fresco – era aggiunto solo per coprire eventuali sapori sgradevoli del pesce.

È solo a partire dal 1800 che si assiste alla vera e propria diffusione del sushi moderno grazie alla realizzazione dei primi nigiri tra le bancarelle di Tokyo; da allora il gusto e lo stile giapponese hanno influenzato così profondamente la tradizione del sushi da renderlo qualcosa di molto diverso rispetto a ciò da cui aveva avuto origine. Oggi, infatti, tra la vastissima varietà di sushi, oltre ai tipici nigiri (pezzi di pesce su polpettine di riso arrotolate in una striscia di alga nori) troviamo il sashimi, ossia fette di pesce crudo servito su foglie di shiso, gli uramaki, rotolini con alga all’interno e riso all’esterno con semi di sesamo o tobiko, gli hosomaki, rotolini con alga nori esterna e all’interno un pezzo di pesce, e molti altri ancora. Di seguito tutti gli aspetti a cui prestare particolare attenzione per riconoscere un sushi preparato a regola d’arte.

Il riso nella preparazione del Sushi

La preparazione di un ottimo sushi dipende innanzitutto dalla lavorazione del riso, dalla sua composizione, dal tempo di cottura e della consistenza dei chicchi. Per un risultato ottimale il riso deve essere leggermente profumato di aceto e deve presentarsi compatto senza essere mai appiccicoso o croccante. L’utilizzo delle tipiche bacchette di legno (hashi) non deve trarvi in inganno sulla qualità del riso contenuto nel vostro sushi. Molte volte il solo fatto di non riuscire ad afferrare con le bacchette il sushi senza che si sfaldi può portare a pensare che il riso non sia fresco: in realtà nella tradizione giapponese il sushi è mangiato con le mani proprio perché la consistenza del riso, non troppo appiccicosa, si presta benissimo a essere consumata come una sorta di finger food.

Il pesce

Ingrediente principe da cui dipende la reale eccellenza del sushi, il pesce deve essere valutato attentamente in ogni sua componente. Innanzitutto, bisogna osservare il colore: ricordate che il pesce fresco non è mai monocromatico ma presenta spesso delle sfumature differenti. Se trovate la pelle, questa deve essere lucida, mentre nel pesce decongelato solitamente appare opaca e dura. Al tatto dovrete avere la sensazione che scivoli e non appiccichi; all’olfatto dovrete percepire un lieve profumo di mare non troppo persistente. Occhio anche alla stagionalità del tipo di pesce che trovate nel vostro sushi: ad esempio, il salmone – uno dei pesci più usati nei ristoranti giapponesi occidentali – non è un pesce autoctono ma è importato dalla Norvegia, quindi, prestate molta attenzione al colore della carne e all’intensità del sapore. Per quanto riguardo il tonno, invece, è bene sapere che con le varie parti di questo pesce si possono ricavare 3 principali tipi di sashimi: l’akami, il più magro, scuro ed economico; il chutoro, più chiaro, mediamente costoso e grasso e infine l’otoro, extra grasso, rosa, dolce e particolarmente costoso. Infine, una considerazione sul polpo: questo pesce richiede un trattamento particolare, ossia un massaggio che può durare anche fino a 45 minuti. La carne quindi dovrà essere particolarmente morbida e facilmente masticabile.

Wasabi

Il wasabi, utilizzato come accompagnamento del sushi, deriva da una rara piantina difficile da coltivare, chiamata Wasabia Japonica. Ecco perché spesso nei ristoranti giapponesi troviamo dei meri surrogati a base di radice di rafano e colorante verde. La qualità del wasabi si può riconoscere dal fatto che la radice è grattugiata al momento e il gusto – in ogni caso fortissimo – è più profumato e meno acre.

Salsa di soia

Condimento saporito per accompagnare i vostri bocconcini di sushi, la soia è preparata con tre ingredienti semplicissimi: semi di soia, sale e acqua fermentati per mesi attraverso il formarsi di muffe particolari. Un buon ristorante di giapponese dovrebbe servirla fresca e non già confezionata, ma soprattutto spiegarvi il corretto modo di utilizzo: la salsa di soia infatti non va mai messa sul lato del riso, bensì su quello del pesce per esaltarne il sapore.

Tempo

Altro aspetto non meno importante, seppur collegato al modo in cui è servito il sushi, sono le tempistiche tra il momento della preparazione e quello dell’impiattamento. Ricordate che una volta che il pezzo di sushi è pronto, dovrebbe essere mangiato immediatamente (entro 15 secondi) prima che il riso si raffreddi e il pesce si riscaldi, e prima che il riso diventi molliccio. Questo tipo di servizio può essere garantito solo nei sushi bar o nei ristoranti giapponesi dove il servizio avviene direttamente al bancone con lo chef che modella davanti a voi ciascun pezzo di sushi e lo serve all’istante. Diffidate, quindi, da quei ristoranti in cui trovate il sushi già bello e pronto sui nastri del bancone in attesa di essere consumato chissà quando.

 

Fonte: Agrodolce.it

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