Longevità: diete a confronto, meglio i cibi giapponesi o mediterranei?

Anche in Italia impazza la moda del cibo giapponese, in particolare del sushi. E poco importa se siamo nel paese della dieta mediterranea, ritenuta un toccasana per la salute. Alla diffusione del sushi ha contribuito anche l’idea che la dieta giapponese sia particolarmente sana e che faccia vivere più a lungo. La dottoressa Stefania Setti, Medico Nutrizionista di Humanitas Gavazzeni (Bergamo), risponde ai dubbi su questa golosa diatriba

Giappone e Italia: proteine vegetali e animali

Parlando a livello nutrizionale, le due diete non sono molto differenti. Pensiamo alla varietà della dieta giapponese, senza limitarci a sushi e sashimi che troviamo nei tanti ristoranti delle nostre città. Si tratta di una dieta basata sul consumo di proteine di origine prevalentemente vegetale e solo in minima parte di proteine animali. In particolare è molto limitata la quota di quelle provenienti da carne rossa fresca e da carni rosse lavorate quali ad esempio i salumi. Per intenderci, prodotti tipici di alcune nostre regioni che si raccomanda, però, di concedersi solo occasionalmente.

La longevità è questione di ingredienti

La cucina giapponese predilige riso, frutta, verdura, legumi, soia e derivati, pesce fresco, uova, pochi latticini, olio di avocado e thè verde. Alimenti privi o a ridotto contenuto di grassi saturi, che sono tra i diversi responsabili delle malattie cardiovascolari. Per questo anche il British Medical Journal ha parlato dell’effetto protettivo della dieta giapponese contro patologie cardiache, oncologiche e diabete. D’altro canto, anche la dieta mediterranea mixa verdura e frutta fresche di stagione, cereali integrali, pesce, poca carne rossa soprattutto se trattata, olio extravergine di oliva, legumi e vino, preferibilmente rosso, in quantità controllate. Alimenti ricchi di nutrienti che, se assunti con regolarità, nelle giuste quantità e frequenze, aiutano a stare bene.

La salute: una maratona più che uno sprint

I benefici sulla longevità si calcolano sul lungo periodo, non possono essere frutto di qualche saltuario pasto giapponese. Questo principio vale sia per la dieta giapponese che per quella mediterranea: per mantenere un buono stato di salute conta lo stile di vita che viene adottato nella quotidianità. Dieta equilibrata e corretta, scegliendo alimenti di giusta qualità, da associare ad attività fisica moderata da praticarsi con regolarità e costanza.

Attenzione alle fonti nascoste di sale (e alla soia)

Il sodio, quando assunto in eccesso, può contribuire all’innalzamento dei valori della pressione arteriosa, con il conseguente rischio di ipertensione e di complicazioni per cuore, arterie e diversi organi, come ad esempio i reni. La raccomandazione, che viene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è introdurre non più di 2 grammi di sodio al giorno, corrispondenti a circa 5 grammi di sale da cucina, ovvero un cucchiaino da thè. Nell’alimentazione giapponese ne troviamo una grande quantità nella salsa di soia. La raccomandazione che si fa a chi frequenta spesso i ristoranti orientali in Italia è dunque di fare attenzione a non eccedere con tale condimento. Nell’alimentazione occidentale, la prima fonte di sodio è sicuramente il sale da cucina, quindi per insaporire i piatti meglio utilizzare spezie e aromi. Inoltre non dobbiamo dimenticare le fonti nascoste quali, ad esempio, formaggi stagionati, insaccati, alimenti conservati in salamoia, inscatolati, cibi sottoposti a processi di salagione oppure affumicatura.

Il calcio nella dieta giapponese

La dieta giapponese prevede pochi latticini, ma soia, miglio e tofu sono ricchi di calcio. Ne contengono anche i semi di sesamo, chia e lino, le mandorle, gli spinaci, i legumi e i cavoli, in particolare il cavolo nero.

Riso: meglio integrale per contenere la glicemia

Facilmente digeribile, il riso possiede un aminoacido essenziale, la lisina, ed è ricco di potassio. Essendo privo di glutine, poi, si presta anche alle diete delle persone celiache. Si tratta, però, di un alimento ad alto indice glicemico: si consiglia quindi di consumare quello integrale e di variare la dieta alternandolo ad esempio con farro, cous- cous integrale e grano saraceno.

Pesce crudo, ma di qualità

Quando scegliamo di mangiare pesce crudo, dobbiamo innanzitutto assicurarci che sia fresco e che sia stato sottoposto a corretto processo di abbattimento delle temperature. Purtroppo non tutti i ristoranti osservano le stesse norme a garanzia della qualità dei piatti serviti, sta a noi orientarci. Il pesce è un’ottima fonte di proteine nobili, quelle da consumarsi il più frequentemente possibile. In particolare sono consigliati i pesci ricchi di acidi grassi Omega3: salmone, tonno e pesci azzurri, come sgombri, acciughe e sardine.

Fonte: Corriere della Sera

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