È il pesce più consumato nel nostro Paese e dal 2010 ne importiamo il +257%. Ma come funziona l’allevamento? Quanto è etico e sostenibile? Siamo stati nella terra dei Vichinghi per scoprirlo
A qualche ora di distanza da Oslo, la natura norvegese prende il sopravvento. Arrivando in aereo su Haugesund si capisce subito: verde a perdita d’occhio, punteggiato solo ogni tanto da qualche casetta. Pochi villaggi, ancora meno città. E poi il mare, segnato da fiordi lungo tutta la costa. La Norvegia è proprio così: l’aria è frizzante anche d’estate, lungo la costa piove spesso e la densità di popolazione è di circa 13 abitanti per chilometro quadrato (in Italia è di 200). Un luogo che se a tratti può sembrare inospitale per l’uomo (soprattutto con le temperature a -40 dell’inverno) piace tantissimo e in ogni modo a un animale:sì, proprio il salmone.
L’economia norvegese si basa principalmente su tre aspetti: lo sfruttamento del petrolio, quello del gas e il commercio ittico. E proprio il salmone è il pesce più consumato ed esportato verso il nostro Paese: basti pensare che dal 2010 c’è stato un incremento delle importazioni di salmone in Italia del +257%, promosso (anche) dalla diffusione dei sushi restaurant.
UN NUOVO CORSO
Uno sviluppo massiccio dell’allevamento intensivo del salmone per il quale la Norvegia si è trovata a dover fronteggiare a una serie di accuse sulle modalità di produzione: pesticidi, medicinali, pidocchi di mare, sostenibilità. Sono alcune delle questioni che tornano sempre nella mente dei consumatori e alle quali il paese nordico ha dovuto dare una risposta o un cambiamento di rotta. Come? Investendo in un metodo per la crescita sostenibile, aumentando la qualità della vita dei pesci e innovando dei metodi di allevamento. E con uno scopo: quello di diventare il primo paese esportatore di prodotti ittici (superando il primo in carica, la Cina).
Grazie al Norwegian Seafood Council, ente pubblico che si occupa della commercializzazione del prodotto ittico norvegese, siamo stati invitati ad osservare il nuovo corso di produzione del salmone norvegese, là dove avviene. Per esempio appena a sud di Bergen, presso la Bremnes Seashore, una delle aziende leader del settore, impegnata in innovazione sostenibile.
Per seguire la vita dei salmoni è necessario spostarsi tra le diverse aree produttive: percorrendo i fiordi lungo la costa, attraverso i numerosi ponti che li collegano, e concedendosi anche una gita in mare aperto, dove si trovano questi pesci per gran parte della loro vita (e se siete curiosi di scoprire come funziona un allevamento ittico, è possibile organizzare delle visite).
COME NASCE E VIVE UN SALMONE
Tutto comincia dalle uova: dopo la schiusa, gli avannotti, i piccoli di salmone, vivono per le prime settimane in grosse vasche d’acqua dolce. Come avviene in natura, anche il salmone d’allevamento deve trasformarsi, facendo un passaggio all’acqua salata: questo step è chiamato «smoltificazione», un passaggio molto delicato per la vita del pesce. Il salmone allora viene spostato in mare aperto, dove vive protetto da recinti (o gabbie galleggianti). Ciascun recinto contiene il 2,5% di pesce e il 97,5% di acqua ed è progettato affinché non ci siano fughe di esemplari causando un danno per l’ecosistema. I salmoni rimangono in mare aperto dai 14 ai 22 mesi, fino ad arrivare a un peso di 6 kg. Gli animali sono costantemente controllati, attraverso telecamere e sensori, che controllano attività e valori, come la quantità di mangime necessaria e la pulizia del recinto. A tal proposito, in questo tipo di allevamento, sono utilizzati anche dei metodi naturali per combattere i pidocchi di mare, come la presenza del lompo, un piccolo pesce pulitore, leppefisk in norvegese, all’interno delle gabbie.
Inoltre, dal 1992 la Bremnes Seashore, ha abbandonato l’uso di antibiotici, ma ogni pesce viene vaccinato singolarmente, con un vaccino biologico. L’obiettivo è quello di prevenire le infezioni batteriche più comuni, eliminando in anticipo la necessità di ricorrere a medicinali durante la sua vita. Un metodo che finora si è rivelato vincente.
Al momento della macellazione i salmoni vengono riportati verso riva allo stabilimento di produzione. E, come avviene in natura, riaffrontano il passaggio verso l’acqua dolce per un’ultima volta: è importante che ciò avvenga con il minor stress possibile per l’animale, sia per salvaguardare il benessere del pesce che la qualità della sua carne.
Fonte: Vanity Fair